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Il Governo Giallo Verde
e i compiti dei rivoluzionari
di Cristiano Valente
Il nuovo governo formato dalla Lega e dal Movimento 5 Stelle, auto nominatosi governo del cambiamento, a seguito delle ultimissime indagini della magistratura inerenti la costruzione del nuovo stadio nella Capitale, sta dimostrando che nella realtà poco o nulla di nuovo e di cambiato esiste rispetto alle precedenti compagine governative.
Le indagini stanno scoperchiando un mondo di corruzione, mazzette, conflitti di interesse, concussioni ecc. che vedono coinvolti uomini di punta del Movimento 5 stelle.
Ma dal nostro punto di vista quello che è ancora più significativo è che il cosiddetto governo giallo verde rappresenta socialmente e politicamente la sedimentazione di un lungo processo iniziato da oltre venti anni : i primi anni '90 del secolo scorso.
Il blocco sociale di quella che oggi viene chiamata destra populista è sostanzialmente formato dagli imprenditori della piccola e media industria, dal crescente esercito dei senza lavoro degli emarginati dalla crisi industriale, dai ceti medi in sofferenza per la stretta congiunta del fisco e della grande distribuzione concentrata.
Già nel 1996 in un ottimo lavoro di analisi sulla situazione politica italiana “Le due destre”, dopo aver descritto con particolare chiarezza i fenomeni sociali, economici e politici che avevano determinato l'esistenza di queste due destre a differenza del precedente modello politico e sociale, Marco Revelli, con grande lucidità e chiaroveggenza, affermava:
“Finché la destra populista non riuscirà a sfondare nei vecchi insediamenti della sinistra, nelle sacche di disoccupazione del Meridione, nel disincanto operaio del Nord, soprattutto nel ventre molle di un immenso proletariato giovanile alimentato dalla deindustrializzazione, senza memoria senza prospettiva, senza parola... Allora - e soltanto allora - che ci vorrà a cambiare cavallo, a rovesciare le alleanze ricomponendo le due destre in un sola forza di governo? Come già fecero una volta d'altra parte i liberali italiani - gli Agnelli, i Giolitti, gli Albertini...”
La crisi economica del 2007/2008 a livello mondiale dalla quale non siamo ancora usciti che ha reso ancora più drammatica la situazione delle classi medie e delle nuove generazioni, ha contribuito ancor più a dotare questo blocco sociale, già in formazione nei primi anni novanta del secolo scorso, di proprie rappresentanze politiche istituzionale.
La stessa Confindustria, poco prima dell' appuntamento elettorale del 4 di Marzo, dopo un primo iniziale e deciso indirizzo verso la destra tecnocrate e liberale, rappresentata dal Partito Democratico di Renzi, ha di necessità fatto virtù e subito si è posizionata a fianco della nuova compagine governativa.
Questo blocco sociale, in particolare il Movimento 5 Stelle, utilizzando alcuni residui propagandistici della ex sinistra, come la questione morale ed il primato dell'onestà come bastante per la risoluzione dei mali della società, recuperando gli stessi stereotipi culturali anche di una certa sinistra radicale, quali il primato della gente, oppure le decisione assunte nelle piazze, reali o virtuali che siano, dando un intrinseco valore positivo al nuovo, qualunque cosa possa significare e favorendo forme di gestione personalistica, di fatto cesaristica, demagogica del potere in una distorta, fittizia e pregiudiziale critica ad apparati di partito, non costituisce - storicamente - niente di nuovo da quanto già si vide nel corso della brusca crisi italiana all'inizio degli anni venti o nella ben più lunga agonia di Weimar.
Nessuna sciocca ed immediata sovrapposizione con il fascismo o il nazionalsocialismo.
La storia non si ripete, ma certo ci può indicare le traiettorie pericolose e regressive che le società possono subire.
Nessuna meccanica e magnifica sorte progressiva nella costruzione delle società.
Si pensi solo all'imbarbarimento dell'opinione pubblica ed alla mancanza di risposta a livello popolare a seguito della vicenda della nave Aquarius con il suo carico di migranti rifiutati dai porti italiani e costretta ad un lungo peregrinaggio nel mediterraneo.
Inoltre l'accresciuta competizione capitalistica, di cui i recenti dazi americani del 25% sui prodotti Cinesi previsti per il prossimo mese di luglio e le inevitabili contro mosse Cinesi sono la rappresentazione più vistosa ed immediata, vede l'Europa in ritardo nel definire una propria e concreta dimensione unitaria.
Per svolgere un efficace ruolo sui mercati internazionali l'Europa dovrebbe agire con logica di potenza, affermando la necessaria unità economica, politica e istituzionale, ma non è ancora in grado di farlo e continuano a primeggiare i rapporti di potenza tra stati imperialistici continentali, dove le economie più robuste , in primis quella della Germania, impongono il loro ordine e il loro indirizzo al resto dell'Europa.
E' questo ritardo che spiega la crisi dell'unione e il ripiegamento sulla difesa degli interessi nazionali, di cui il governo Lega e Movimento 5 Stelle, per altro in buona compagnia in molti altri stati europei, si fanno rappresentanti.
Il rinato nazionalismo il sovranismo, la stessa richiesta di uscita dall'euro rappresentano i nuovi paradigmi dei diversi governi nazionali in una folle e pretestuosa lotta di concorrenza di tutti contro tutti.
Non casualmente nel così detto “contratto per il governo di cambiamento” possiamo trovare inaccettabili obiettivi quali il welfare solo agli italiani che qualificano tale programma come profondamente reazionario.
La logica, se così si può dire, di questi programmi e di queste forze è rozza ma efficace.
Non si individua mai il vero ed unico nemico che è rappresentato dal modo di produzione che presuppone una costante riduzione di forza lavoro e un'assenza di minima programmazione rispetto al soddisfacimento dei bisogni reali delle comunità, perseguendo come obiettivo fondamentale ed unico il profitto e la sua accumulazione
Il nostro nemico, a noi più prossimo, è certamente la classe egemone che socialmente detiene i mezzi di produzione, e che politicamente condiziona ed impone l’attuale deriva, che addita come nemici i nuovi schiavi agricoli africani che lavorano nei nostri campi di frutta o di pomodoro del meridione, gli slavi che sempre più lavorano nell'edilizia, le badanti ucraine o moldave che lavorano nel campo assistenziale e così via in una infinita casistica di presunti nemici, senza mai rendersi conto che i destini di tutti sono legati indissolubilmente alla condizione materiale che il sistema economico e produttivo capitalistico presuppone e replica.
I rivoluzionari e nello specifico i comunisti anarchici e libertari in questa fase tragica dello scontro sociale, tragica per le sorti della nostra classe, ma ancor più tragica perché i valori della classe avversa sono egemoni nella società, mentre le mezze classi governano con tutto il loro portato di malumori e di rancore, devono svolgere una titanica operazione.
Oltre a stimolare un lavoro di necessaria resistenza ed opposizione alle dinamiche economiche e sociali, hanno il compito, abbiamo il compito, di formare nuovi quadri e indicare alle nuove generazioni la possibile strada da intraprendere.
Da materialisti sappiamo che le nuove generazioni, prima o poi si radicalizzeranno, ma la prospettiva in cui tali ceti e movimenti potranno prendere dipende anche da noi e da cosa saremo capaci di costruire oggi.
Abbiamo bisogno di crescere quantitativamente, ma sopra tutto di qualità .
I nostri militanti devono diventare avanguardie reali nei loro ambiti di riferimento lavorativo, culturale, sociale ecc.
In ogni ambito occorre portare il punto di vista dei comunisti libertari.
Occorre lavorare affinché nella classe i comunisti libertari siano radicati e seguiti.
Bisogna evitare di ripetere gli errori del passato, compreso quello di non essere affatto presenti nella nostra classe di riferimento.
Questo significa lavoro sindacale nel movimento operaio e nelle sue organizzazioni di resistenza e lavoro politico nei quartieri; aprire nostre sedi politiche nei quartieri più popolari delle nostre città.
Giugno 2018
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